verso il futuro (1)

il processo di espansione

La domanda relativa al futuro è tutto sommato legata al processo di espansione in atto della comunità europea. Il consiglio dei ministri ha fissato il fatto che la composizione della commissione verrà rivista quando la comunità comprenderà almeno 27 membri, pur non escludendo di arrivare a includere i paesi dei Balcani, rimane aperto il problema Turchia con i due partiti dei favorevoli e dei contrari (a parte quello di quelli che non sanno). Il dubbio è che l’Europa possa collassare su se stessa, per non accennare a coloro – e io conosco manager di alto livello in società multinazionali che la pensano così – che guardano all’Unione Europea come a un'inutile sovrastruttura da distruggere al più presto, o comunque da veder con gioia la sua fine. Il dubbio è che l’allargamento sia fine al mantenimento in vita dell’Unione e che senza allargamento si possano scatenare processi che porteranno fatalmente al declino dell’Europa.

Essere ottimisti o pessimisti? Sin da quando ero ragazzo io ho creduto nell’orizzonte dell’Europa e spero che quel motto “uniti nella diversità” possa essere una bandiera in grado di sventolare ancora a lungo. Una cosa penso di poter dire e di trovare accordo: gli ultimi cinquanta anni, nonostante le crisi, sono stati probabilmente i migliori da tutti i punti di vista. Possiamo credere nella possibilità di migliorare ancora, in pace e prosperità. Come? Vedremo tra poco che si può arrivare ad una risposta positiva. Dobbiamo capire che l'unità dell'Europa è articolata in tre ambiti: economia, società, politica.

Confondere questi ambiti porta fatalmente a problemi risolubili solo se si rimettono i pezzi del puzzle al loro posto. Il caso relativo alla Costituzione europea sembra essere uno di queste sovrapposizioni. La Costituzione dovrebbe riguardare gli assetti sociali e l'ordinamento di uno stato o di una federazione di stati, la bozza da votare dovrebbe essere definita da un gruppo di rappresentanti del popolo eletti con questo preciso scopo. Invece le costituzioni europee sono state firmate dai capi di stato in quanto trattati internazionali frutto di lunghe trattative tra apparati, ma bocciati da alcuni popoli chiamati ad approvarli con referendum.


e quello di Barcellona


iniziato di fatto con le decisioni prese nel 1995 nella conferenza ministeriale euromediterranea di Barcellona alla presenza dei quindici ministri degli Esteri degli Stati membri dell'UE e quelli dei seguenti dodici paesi terzi mediterranei (PTM): Algeria, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e Autorità palestinese. La Lega degli Stati arabi e l'Unione del Maghreb arabo (UMA) sono state invitate così come la Mauritania (in qualità di membro dell'UMA). 

... Riguardo al partenariato sociale, culturale ed umano, la conferenza ha suffragato il documento quadro relativo alla cooperazione nel settore della giustizia, della lotta alla droga, al crimine organizzato e al terrorismo e alla cooperazione nel trattamento delle questioni relative all'integrazione sociale dei migranti, alle migrazioni e alla circolazione delle persone. I ministri hanno espresso il loro accordo di principio nei confronti della creazione di una fondazione euro-mediterranea incaricata di promuovere il dialogo tra le culture e le civiltà. Hanno inoltre approvato un programma d'azione nello stesso settore, orientato verso la gioventù, l'istruzione e i mezzi di comunicazione.


(dalla sintesi contenuta nella dichiarazione finale della conferenza)


il 20 maggio 2008 la commissione europea ...

Oggi, 20 maggio, la Commissione europea ha adottato le sue proposte per intensificare le relazioni con i partner mediterranei attraverso il processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo. In seguito alla decisione del Consiglio europeo di primavera, il commissario Ferrero-Waldner ha presentato schematicamente le strutture del processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo, volte a rilanciare e a rendere più visibili le relazioni dell'UE con i partner della regione mediterranea. Queste strutture comprendono la creazione di un segretariato e l'istituzione di un comitato permanente di rappresentanti euromediterranei. Il documento di strategia contiene inoltre indicazioni su progetti visibili e concreti atti a migliorare le condizioni di vita e i mezzi di sussistenza dei cittadini della regione. Quest'ultima iniziativa ribadisce l'impegno costante dell'UE nei confronti della regione mediterranea, una zona di importanza strategica fondamentale sul piano politico ed economico. Le proposte contenute nella comunicazione saranno presentate in occasione del vertice inaugurale del processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo, che si terrà a Parigi il 13 luglio 2008. (http://www.obiettivoeuropa.it/news_det.asp?id=598)


la riunione di Parigi del 13 luglio 2008 ha confermato gli obiettivi posti nel programma di lavoro dei cinque anni sottoscritto nel 2005 per cui

nel 2010 si aprirà una nuova area di libero scambio che è quella appunto costituita dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo e dai 27 paesi che fanno parte della UE. Il processo di Barcellona include una serie di misure che si riferiscono anche ai fattori umani e culturali (including the fourth chapter of cooperation on "Migration, Social Integration, Justice and Security" introduced at that stage) e quindi tenderà non solo a completare il cammino già percorso sui temi economici - il programma MEDA ha reso disponibili ai paesi rivieraschi finanziamenti significativi assicurati dalla BEI (Banca Europea di Investimento) . è nata la UPM (Unione per il mediterraneo) con l'obiettivo ambizioso di percorrere un cammino analogo a quello che si è sviluppato in Europa con la fondazione del MEC. Questo programma ambizioso in realtà è stato a lungo reso inattivo a causa del conflitto palestinese e dalla realtà politica della maggior parte dei paesi terzi rispetto alla UE (la domanda se sia praticabile un qualsiasi tipo di accordo di cooperazione con gli stati non democratici delll'area è pienamente legittima). Altro fattore che rende problematico l'orizzonte reale del UPM è costituito dal fatto che diversi degli stati mediterranei non hanno tra di loro relazioni - neppure diplomatiche! Gli obiettivi posti sono ancora ben lungi dall'essere pienamente raggiunti, ma le dichiarazioni dei capi di stato di tutti i paesi sono lì: sarà possibile nel 2010 veramente il salto di qualità nei rapporti tra i paesi del Mediterraneo? Palestina, Siria, Libia etc. costituiscono ancora pesanti punti di domanda.


dopo Lisbona

L'Irlanda è stato il solo paese a decidere di rispettare la propria Costituzione convocando un referendum per il recepimento del trattato sottoscritto dai capi di stato a Lisbona: i partiti principali avevano sostenuto il sì ma una serie di piccoli partiti, alcuni dei quali attivi anche nel Regno Unito, hanno fatto campagna per il no. E come tutti ricordano ha vinto il no. Come mai? Quali erano - e sono - i temi sensibili che hanno portato gli irlandesi a dire no al trattato di Lisbona?

alcune reazioni espresse a caldo sui risultati del referendum irlandese:

(da La Repubblica.it - 13 giugno 2008) 

Barroso: "Il trattato non è morto". Sulla bocciatura irlandese, si è pronunciato il presidente della Commissione Europea. José Manuel Barroso ha puntualizzato la posizione della Commissione Europea "Diciotto paesi - ha detto Barroso - hanno già approvato il Trattato, l'Irlanda ha votato "No", ma noi dobbiamo continuare il processo delle ratifiche per sapere esattamente alla fine quali sono le posizioni di tutti i partner". 

Il presidente della Commissione Europea ha ribadito più volte che ora è "troppo presto" per parlare di quali soluzioni potranno essere trovate per andare avanti dopo il "No" irlandese. "Dovremo ascoltare prima il premier irlandese - ha osservato Barroso - e poi i leader europei che si incontreranno giovedì e venerdì prossimi a Bruxelles". 

Barroso ha anche sottolineato che il "No" dell'Irlanda non risolve certamente quei problemi a cui i 27 volevano dare una risposta efficiente ed efficace proprio attraverso il Trattato sottoscritto a Lisbona lo scorso dicembre. Ha tuttavia aggiunto che il risultato irlandese ha lo stesso peso della bocciatura francese della bozza costituzionale nel 2005. 

Francia e Germania. Parigi e Berlino, pur dispiaciute per il "No", si augurano in un documento comune che il processo per la ratifica vada avanti. E' importante che gli altri stati membri dell'Ue che non l'abbiano ancora fatto proseguano con il processo di Lisbona, sottolineano il cancelliere tedesco Angela Merkel e dal presidente francese Nicolas Sarkozy. 

"Prendiamo atto della decisione democratica dei cittadini irlandesi con tutto il rispetto loro dovuto, anche se non ce ne rammarichiamo". In ogni caso, proseguono i due statisti, "il trattato di Lisbona è stato firmato dai capi di Stato e di governo dei 27 stati membri e la procedura di ratifica è già completata in 18 paesi. Speriamo dunque che gli altri stati membri proseguano il processo di ratifica". 

Sarkozy e Merkel si dicono "convinti che le riforme contenute nel trattato di Lisbona siano necessarie per rendere l'Europa più democratica e più efficace e che le permetteranno di rispondere meglio alle sfide che devono affrontare i suoi cittadini". 

Londra. "La Gran Bretagna andrà avanti con la 
ratifica del Trattato a dispetto della bocciatura irlandese". Lo ha assicurato il ministro degli Esteri britannico, David Miliband. Nel Regno Unito i conservatori, all'opposizione, premono da mesi con l'appoggio di gran parte della stampa perché la ratifica avvenga per referendum popolare come in Irlanda. Ma il governo laburista capeggiato da Gordon Brown ha scelto la strada del Parlamento, consapevole che un eventuale referendum sarebbe vinto in modo netto dal "No", mentre ai Comuni dispone di una comoda maggioranza disposta ad approvare il trattato. 

Spagna. Il "No" irlandese è una "notizia non buona", per il ministro degli esteri spagnolo, Miguel Angel Moratinos, secondo il quale tuttavia "l'Europa non si fermerà" e una "soluzione sarà comunque trovata". Moratinos ha comunque espresso il suo "rispetto per la volontà del popolo irlandese".

Polonia. "Il referendum non squalifica il Trattato, e cercheremo il modo più efficace affinchè entri in vigore e non venga dissipata la sua essenza", ha dichiarato il premier polacco, Donald Tusk. 

da una nota in http://www.politichecomunitarie.it (ministero per le politiche comunitarie)

Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica: "Non si può ora neppure immaginare di ripartire da zero. Né si può pensare che la decisione di poco più della metà degli elettori di un Paese che rappresenta meno dell'1% della popolazione dell'Unione possa arrestare l'indispensabile, ed oramai non più procrastinabile, processo di riforma. L'iter delle ratifiche dovrà andare avanti fino a raggiungere in tempi brevi la soglia dei 4 quinti, perché il Consiglio europeo possa subito dopo - secondo l'art. 48 del nuovo Trattato - prendere le sue decisioni".

Notiamo che le reazioni dei vari capi di stato e primi ministri sono quasi tutte allineate sul concetto: bisogna comunque andare avanti e fare in modo che il trattato diventi operativo. Gli irlandesi non possono fermare l'Europa, ma nessuno si esprime sui temi per cui gli irlandesi hanno bocciato Lisbona.

L'unica traccia negli atti europei che ci consente di capire perché, consiste negli accordi tra Irlanda e Unione per andare a fare un nuovo referendum: mantenimento di un commissario per ogni paese nella Commissione, garanzie di non estensione alla Irlanda delle politiche comunitarie in tema di tasse, sicurezza e difesa, diritto di famiglia e del lavoro.
Siccome molti tendono a non soffermarsi sul diritto di famiglia come se fosse un tema secondario, io qui invece vi dico che so per certo che il rischio di estensione delle politiche comunitarie alla Irlanda sul diritto di famiglia è uno degli aspetti principali, pesanti, che hanno motivato la reazione irlandese contro il trattato di Lisbona. 

La radice della questione sta tutta nel testo sui Diritti fondamentali  fatto proprio dalla Unione a Nizza nel 2000 dove si rinuncia a dire che la famiglia va intesa come unione fertile di un uomo e di una donna. La carta del 2000 apre così a diverse definizioni del concetto di famiglia e alla parificazione tra coppie di fatto (senza considerare il sesso) e coppie che attraverso l'atto giuridico del matrimonio hanno assunto obblighi in funzione della vita normati dalla legge. Altro punto essenziale - ma vi sono alcuni che negano l'importanza di questo punto - su cui si è giocato il no a Lisbona è l'insieme delle politiche in tema di aborto procurato che la maggioranza degli irlandesi rifiuta in modo netto. L'Unione Europea garantisce all'Irlanda la piena autonomia su questo tema.

In Europa sono comunque sorte iniziative contro Lisbona: la maggior parte di queste vede in Lisbona un attacco alla democrazia e si rifiuta Lisbona perché i popoli europei non avrebbero più la possibilità né di mandare a casa i governi europei, né di esercitare altre forme di controllo diretto e reale sull'esecutivo europeo. 

Il 2 ottobre 2009 in Irlanda si ripete il referendum sull'adesione o meno al trattato di Lisbona e gli Irlandesi, ormai cautelati sul diritto di famiglia, la sicurezza e  la difesa e le tasse, non avendo più motivi per dire no al trattato si esprimono per il sì: 67,1% mentre il 32,9% rimane sul no. A proposito degli schieramenti irlandesi il Corriere della Sera in un articolo in data 3 ottobre commenta:
I DUE PARTITI CONCORDI - Tre milioni di elettori ieri hanno votato per decidere la sorte della «mini costituzione» europea. I seggi hanno chiuso alle 22, dopo 15 ore di voto. L’affluenza alle urne avrebbe superato il 50%, almeno nella capitale Dublino. Entrambi i grandi partiti irlandesi, il Fianna Fail e il Fine Gael, erano favorevoli al sì. Fra i primi a recarsi alle urne per sostenere il sì la presidente dell’Irlanda Mary McAleese, e il primo ministro («Taoiseach») Brian Cowen, con la moglie Mary; poi i leader del Fine Gael, Enda Kenny, e del Labour, Eamon Gilmore. Il no riuniva i nazionalisti dello Sinn Fein e alcuni gruppetti cattolici conservatori o di estrema destar. Oltre al miliardario Declan Ganley, che l’anno scorso organizzò la campagna del no ma che quest’anno è stato indebolito dalla bruciante sconfitta alle elezioni europee, quando ha tentato di lanciarsi in politica.

Ovviamente nessuno, anche alla radio o in tv, si ricorda di citare l'accordo intervenuto tra la UE e l'Irlanda che giustifica il cambiamento di opinione degli Irlandesi: così passa l'idea che gli Irlandesi abbiano cambiato idea in relazione alla crisi economica e ai soldi ricevuti dalla UE.

Il 10 ottobre 2009 a Danzica durante il dibattito ristretto svoltosi nell'ambito delle Prime  Giornate Cattoliche per l'Europa dopo la conferenza Fondati sulla solidarietà Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione, in seguito a un intervento di Giulio Pirovano dichiarava: "l'accordo con l'Irlanda era un accordo inutile fatto solo per tranquillizzare gli Irlandesi. Non esiste una politica dell'Unione sul diritto di famiglia e qualsiasi decisione sul diritto di famiglia, dopo Lisbona, sarà presa alla unanimità" e Barrot ripeteva questo concetto, scandendolo, per due volte.

anomalie

La rivoluzione industriale ha regole ferree: se si compete, sono coloro che riescono a mantenere una qualità più alta degli altri, coloro che sono destinati a primeggiare e a stare meglio di tutti. L'applicazione del modello keynesiano in Europa aveva portato a una serie di effetti negativi. Ma il più negativo è stata la migrazione delle produzioni di alta qualità dall'Europa al Giappone. Nel sito internet di un certo Hitori-Gurashi ho trovato questa immagine di oggetti di produzione giapponese presentati come di alta qualità: non è questo tipo di produzione che negli anni '90 è migrato in Giappone dall'Europa ma la produzione hi-tech (simboleggiata nel cartello dal circuito stampato), e questo per il diverso sviluppo che questa aveva avuto in Giappone dove si applicavano le TQM. L'Europa industriale  (e non solo) ha dovuto pertanto fare uno sforzo notevole per importare quelle metodologie organizzative all'insegna del total quality management senza cui non avrebbe più potuto competere con il resto del mondo.

immigrazione

L'immagine che vediamo ci presenta un gruppo di migranti europei (tra cui anche italiani) dopo i controlli a cui erano sottoposti all'approdo di Ellis-Island, la porta degli USA per i migranti. La fonte del testo seguente è migrationblog un blog che segue in modo particolare - come dice il suo nome - le questioni legate alle migrazioni.

"La percentuale degli stranieri con un'eta mentale inferiore a quella di un undicenne è del 45,6%. [...] L'immigrazione dall'Europa orientale e meridionale è piu indesiderata di quella da altre parti del continente. Non possiamo seriamente opporci agli immigrati da Gran Bretagna, Olanda, Canada, Germania, Danimarca e Scandinavia, dove la proporzione dei gruppi di qualita è superiore al 4% e raggiunge un picco del 19% nel caso dell'Inghilterra. Ma piuttosto agli arrivi dall'Italia, con il suo 63,4% di immigrati catalogabili al gradino piu basso della scala. [...] Finche continuerà questo riversarsi di indesiderati nel nostro paese, la speranza di migliorare lo standard di qualita dei nostri cittadini sarà sempre piu bassa. [...] Non importa quanto valide siano le nostre scuole, dato che i due gruppi piu bassi non possono essere alfabetizzati." 

Così Sweeny si esprimeva nel 1922 a proposito degli emigranti italiani che sbarcavano per l'inizio del loro progetto migratorio negli Stati Uniti d'America. Curiosamente, dall'altra parte dell'oceano, da lì a pochi anni, il fascismo incominciò una martellante campagna d'opinione sull'Uomo Italiano, degno esemplare della razza ariana, che culminarà nel 1938 con la 
"Dichiarazione sulla Razza".

Curioso il destino di un popolo. Dapprima, stretto tra il pregiudizio all'estero e l'esaltazione della propria origine in patria, ed ora confuso tra l'accoglienza degli immigrati ed il razzismo che anche a sinistra, incomincia a colpire. Pregiudizi, stereotipi, scarsa conoscenza dei fenomeni, errate rappresentazioni dei fenomeni, sono tutti gli elementi che non permettono di affermare un modello d'integrazione originale, inclusivo ed efficace. 

Risulta evidente che ci sono notevoli parallelismi tra quanto succedeva agli italiani e ad altri europei migranti e quanto succede oggi agli asiatici e agli africani che cercano di arrivare in Europa.  I dati relativi all'Italia (fonte ISTAT): 

La popolazione straniera residente in Italia al 1° gennaio 2007

Statistiche in breve
Periodo di riferimento: 
1° gennaio 2007
Diffuso il: 02 ottobre 2007

Al 1° gennaio 2007 gli stranieri residenti in Italia sono 2.938.922
(1.473.073 maschi e 1.465.849 femmine); rispetto all’anno precedente gli iscritti in anagrafe aumentano di 268.408 unità (+10,1%).

L’incremento relativo del 2006 è leggermente inferiore a quello registrato nell’anno precedente. Va ricordato che nel periodo 2002-2004 il forte aumento dei residenti stranieri era stato determinato in larga misura dall’ultimo provvedimento di regolarizzazione (leggi n. 189 del 30 luglio 2002, art. 33, e n. 222 del 9 ottobre 2002). Grazie ad esso, infatti, numerosi immigrati già presenti in Italia avevano potuto regolarizzare la propria posizione e iscriversi successivamente in anagrafe.

La crescita della popolazione straniera residente nel nostro paese è dovuta, anche nel 2006, all’aumento dei nati di cittadinanza straniera (figli di genitori residenti in Italia, entrambi stranieri): il saldo naturale (differenza tra nascite e decessi) risulta in attivo per 54.318 unità.
Il saldo migratorio con l’estero si attenua rispetto agli anni precedenti ma si mantiene elevato (+237.614 nel 2006 rispetto a +266.829 nel 2005).

Il saldo naturale della popolazione straniera, pur essendo nettamente più basso rispetto a quello migratorio, risulta particolarmente significativo se contrapposto a quello della popolazione residente di cittadinanza italiana, negativo (-52.200 unità) nel 2006. 

AVVISO: Il testo integrale del Comunicato è stato aggiornato il 3 ottobre 2007. 


I dati del 2009: diversi politici riferendosi al gennaio 2009 hanno dichiarato che gli stranieri regolari in Italia sarebbero 4 milioni. Sul sito dell'Istat cercando sotto la voce stranieri si trovano le seguenti informazioni


Fonte ISTAT il 23 settembre 2009:


Statistiche in breve
Periodo di riferimento: 
1° gennaio 2008
Diffuso il: 09 ottobre 2008

I cittadini stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2008 sono 3.432.651; rispetto al 1° gennaio 2007 sono aumentati di 493.729 unità (+16,8%). Si tratta dell’incremento più elevato mai registrato nel corso della storia dell’immigrazione nel nostro Paese, da imputare al forte aumento degli immigrati di cittadinanza rumena che sono cresciuti nell’ultimo anno di 283.078 unità (+82,7%).


mentre sotto la voce struttura demografica ho trovato i seguenti dati:


Bilancio demografico mensile

Note informative
Periodo di riferimento: 
Gennaio-marzo 2009
Diffuso il: 15 settembre 2009

La popolazione residente in Italia alla fine del mese di marzo 2009 ammonta a 60.114.021 abitanti. Rispetto all'inizio dell'anno si è registrato un incremento dello 0,11 per cento, pari a +68.953 unità, che si è concentrato nelle regioni del Centro (+0,21 per cento), del Nord-est (+0,19 per cento) e del Nord-ovest (+0,16 per cento).


Questi dati devono farci riflettere. Io non ho trovato nel sito dell'ISTAT conferme ufficiali alle indicazioni provenienti dai politici, penso che si tratti di una estrapolazione eseguita da qualche centro studi (i 4 milioni citati: se il 1/1/2008 abbiamo quasi tre milioni e mezzo di stranieri con un incremento di quasi mezzo milione nell'anno di riferimento è facile pensare di aggiungere un altro mezzo milione e così arrivare ai 4. Non è precisa la procedura ma si potrebbe anche accettarla se non ci fosse la nota dell'ISTAT relativa ai rumeni. Quasi 4. è più preciso. Gli stranieri regolari in Italia il 1 gennaio 2008 erano dunque poco meno del 6% della popolazione. 

L'Europa a 27 è una grande area di libera circolazione. Diamo il permesso di soggiorno ai cittadini UE? evidentemente no. Faccio notare che i dati Istat non specificano se si parla di stranieri con permesso di soggiorno e quindi extra-comunitari, ma semplicemente di stranieri (a partire dal dato al 1° gennaio 2008, nello stock dei permessi di soggiorno non sono più compresi i cittadini dell’Unione europea, esentati dal 27 marzo 2007 dal richiedere la carta di soggiorno anche per periodi superiori a tre mesi. Con il Decreto Legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 è stata infatti recepita anche in Italia la Direttiva 2004/38/CE che prevede per i cittadini dei 27 paesi il diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri)

Bisogna cercare i dati relativi ai permessi di soggiorno per risolvere la questione. Ebbene, sempre al 1 gennaio 2008, 705.557 permessi sono stati concessi a cittadini dell'Europa centro orientale, 9.462 di altri paesi europei non UE (tra cui la Svizzera con 7.677 cittadini) e 607.141 a cittadini di paesi africani con netta prevalenza di cittadini dei paesi dell'Africa settentrionale (416.960) e dell'Africa occidentale (144.410). Il numero complessivo di permessi di soggiorno al 1 gennaio 2008 risultava essere quindi 1.322.160. Quindi 3.432.651 stranieri di cui 1.322.160 con permesso di soggiorno. 2.110.491 stranieri provenienti dai paesi UE e i rimanenti, che corrispondono circa al 63% dei cittadini stranieri UE, stranieri extracomunitari: solo il 2,2% della popolazione italiana.

E i clandestini? Qualcuno spara cifre ma bisognerebbe contare quanti arrivano in Italia con il visto turistico e quanti poi ripartono, e fare la differenza. 


Il Bilancio demografico del gennaio-marzo 2009 è il seguente:

Bilancio demografico Anno 2009
Italia
Mese Popolazione
inizio periodo
Nati Vivi Morti Saldo
Naturale
Iscritti Cancellati Saldo
migratorio e per
altri motivi
Unità in
più/meno
dovute a
variazioni
territoriali
Popolazione
fine periodo
Totale
Gennaio 60045068 47517 58870 -11353 153613 119885 33728 0 60067443
Febbraio 60067443 42818 52319 -9501 164049 134075 29974 0 60087916
Marzo 60087916 47059 54417 -7358 176462 142999 33463 0 60114021
Maschi
Gennaio 29152423 24428 28280 -3852 75894 61653 14241 0 29162812
Febbraio 29162812 22051 25077 -3026 81629 68919 12710 0 29172496
Marzo 29172496 24249 26455 -2206 87821 73610 14211 0 29184501
Femmine
Gennaio 30892645 23089 30590 -7501 77719 58232 19487 0 30904631
Febbraio 30904631 20767 27242 -6475 82420 65156 17264 0 30915420
Marzo 30915420 22810 27962 -5152 88641 69389 19252 0 30929520

è interessante notare che il saldo migratorio (relativo a tutta la popolazione)  oscilla da 29 a 33 mila mentre le femmine si spostano di più dei maschi. Per saldo migratorio intendiamo tutta la gente che per qualsiasi motivo ha cambiato la propria residenza spostandola da un comune all'altro. Tutto ciò per riflettere sul fatto che dobbiamo fare attenzione a non lasciarci condizionare da una comunicazione di massa frequentemente prigioniera della propria attitudine a gonfiare gli eventi nell'immaginario collettivo, ma appunto immaginario, non reale.

Questi gruppi di migranti clandestini (ma ha senso definire clandestini gente che viene raccolta e portata nei centri di identificazione e respingimento?) sono criminali o vittime? la domanda nasce dalla inverosimile legge approvata dalla attuale maggioranza sul reato di clandestinità e dal fatto che l'Europa - dalla riunione dell'ottobre 1999 a Tampere in Finlandia - ha ben chiaro che bisogna lottare contro i criminali che trafficano in uomini e contro coloro che sfruttano in modo durissimo i migranti (in Italia per lo più italiani), salvaguardando i diritti delle vittime (cioè dei migranti appunto). I Migranti sono vittime. In particolare poi questi poveracci dei barconi che alle spalle hanno storie di guerre e di dittature da cui fuggono, sperando in un destino migliore in quella Europa che dominò il loro mondo.

clima

Tutti noi abbiamo sentito parlare dei cambiamenti climatici, nonché degli accordi di Kyoto e che gli stati partecipanti raramente si sono mossi con efficacia per realizzare tali accordi. Lo scioglimento dei ghiacci è sotto gli occhi di tutti, il segretario dell'ONU è andato al Polo nord per vedere di persona cosa sta succedendo ed è ritornato sconvolto da quello che ha visto. L'assemblea plenaria (summit) 2009 è stata dedicata al clima e siamo in presenza di un cambiamento di rotta degli USA che con la nuova amministrazione si impegnano a correre ai ripari. Barack Obama è stato categorico: abbiamo 10 anni di tempo per impedire un disastro epocale che rischierebbe di diventare irreversibile. Il Corriere della sera del 23 settembre 2009 riporta la dichiarazione di Obama: «Il tempo rimasto per correre ai ripari sta per scadere. La sicurezza e la stabilità di tutte le nazioni e di tutti i popoli sono a rischio». Obama non nasconde che un nuovo accordo sul clima, anche se possibile, «non sarà facile». «Non ci facciamo illusioni, la parte più dura del lavoro resta ancora da fare in vista di Copenaghen - ha detto il presidente americano -. Anche gli Stati Uniti hanno fatto poco, ma questo è un nuovo giorno, questa è una nuova era e posso dire con orgoglio che gli Stati Uniti hanno fatto di più per l’energia pulita e per ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera negli ultimi otto mesi che in qualsiasi altro periodo della storia» ma Obama sta incontrando difficoltà nel far passare la riforma sanitaria e sarà praticamente impossibile per il presidente americano fare passare una qualsiasi norma o provvedimento radicale prima dell'appuntamento di  Copenhagen (dicembre 2009) ragion per cui sempre sul Corriere del 23 settembre si legge il titolo Il vuoto dietro i proclami. Il segretario ONU Ban Kii-moon, secondo cui lo scopo del summit è:" The objective of the Summit on Climate Change, which I am convening on 22 September, is to mobilize the political will and vision needed to reach an ambitious agreed outcome based on science at the UN climate talks in Copenhagen." Il segretario ha parlato di lentezza glaciale delle trattative per arrivare in tempi brevi ad accordi internazionali a cui possano aderire anche i grandi paesi emergenti, Brasile, Cina e India. E l'Europa? Da tempo l'Europa porta avanti dei programmi per il clima basati sull'idea che bisogna intervenire sull'uso delle energie pulite - Azione clima energia per cambiare il mondo [Climate Action - Energy for a Changing World]  -   La strategia attuale dell'Europa può essere definita come la strategia del 20% per 3: ridurre i gas ad effetto serra, promuovere le energie rinnovabili, migliorare l'efficienza energetica. Mentre in Germania e in Austria si costruiscono ormai solo case passive in Italia sembra - a guardarsi in giro - che i costruttori non sappiano cosa sono, si continua a costruire tanto e male! ma comunque la ricetta del 20% viene considerata nel caso di assenza di accordi internazionali soddisfacenti. In presenza di accordi soddisfacenti l'Unione si impegna ad agire per diminuire le proprie emissioni di CO2 (e in genere di gas serra) del 30%. Copenhagen 2009: si vedrà! Anche in Italia?

crisi economica

Crisi dei derivati con cui gli americani hanno distribuito nel mondo il costo di mutui casa non garantiti (House for SALE dice il cartello), crisi delle capacità delle famiglie americane di far fronte a quei mutui, crisi finanziaria, fallimenti di banche e poi intervento massiccio delle banche centrali - per mesi l'autorità federale USA ha abbassato i tassi di interesse primario fin quasi ad annullarli per cercare di reagire a quanto stava succedendo, fino ad arrivare al trasferimento della crisi all'economia della produzione industriale nonostante i molteplici salvataggi di banche sulle spalle del debito pubblico. La crisi si è diffusa in tutto il mondo senza risparmiare - ovviamente - i più poveri. 

I politici - in particolare quelli nostrani - si sono divisi in due gruppi: quelli che sostengono che ormai è passata e quelli che sostengono che il peggio - il licenziamento di centinaia di migliaia di lavoratori - deve ancora venire e che l'autunno 2009 sarà un autunno più caldo del famoso autunno caldo degli anni Sessanta. Proclami ma in concreto? cosa si fa per definire nuove regole? Noi sappiamo che è necessario un nuovo modello economico, ma quale?
Nel prossimo incontro cercheremo di individuarlo.